Trattati e istituzioni dell'UE
L'accordo Italia-Albania sui migranti entra in conflitto con i vincoli europei e lo Stato di diritto
cepAdhoc
“Risolvere i problemi migratori limitando i diritti umani non è un'opzione praticabile”, afferma Andrea De Petris, esperto legale del Cep a Roma. Il 4 ottobre, la Corte di giustizia europea (CGE) ha interpretato la direttiva UE che regola la nozione di Paese di origine sicuro nel senso che, per essere considerato “sicuro”, un Paese deve esserlo in tutto il suo territorio e senza distinzioni per determinate categorie di persone. Ciò ha compromesso il piano dell'Italia di trattenere nei centri albanesi i richiedenti asilo provenienti da quelli che il governo considera Paesi sicuri, come l'Egitto e il Bangladesh, che non lo sono secondo la normativa europea.
"Il governo italiano ha emanato un decreto legge con il quale intende definire una propria lista di Paesi sicuri, anche se questi non corrispondono ai parametri stabiliti dalla giurisprudenza e dalla regolamentazione europea. Trattandosi di una disposizione di legge nazionale, il decreto legge deve essere conforme anche alla normativa europea”, sottolinea De Petris. Né i decreti legislativi italiani né - molto probabilmente - la legge europea sulla migrazione adottata per il giugno 2026 sono in grado di cambiare la situazione.
Viste le difficoltà di attuazione delle norme create dal cosiddetto modello Albania, l'esperto legale del Cep ritiene che gli altri Stati membri dell'UE dovrebbero evitare di imitare questo modello altrove, almeno per il momento.
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The Italy-Albania Deal on Migrants Clashes with European Constraints and the Rule of Law (pubblicizzato 26.11.2024) | 365 KB | Download | |
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